Cellulari e salute: nessun rischio senza pericolo
Periodicamente il tema sulla possibile correlazione tra l'uso del cellulare e l'insorgenza dei tumori cerebrali torna in auge. Negli ultimi tempi sono due le notizie che hanno causato notevole clamore mediatico: la sentenza della Corte d’Appello di Torino e l’avvento della nuova tecnologia 5G.
La nuova sentenza su cellulari e tumori
Recentemente la Corte di Appello di Torino ha confermato una sentenza del 2017 che aveva ritenuto plausibile il collegamento tra l’uso intenso del cellulare e una particolare forma di tumore benigno del nervo acustico (schwannoma vestibolare). Per quello che riguarda l’eziologia dello schwannoma vestibolare, noto anche come neurinoma dell’acustico, le cause risultano attualmente ancora sconosciute.
Tuttavia alcuni neurinomi acustici sono causati da neurofibromatosi di tipo 2, una malattia genetica che insorge a causa di una mutazione del gene NF2. Circa l’epidemiologia invece, i neurinomi hanno un’incidenza annuale di una persona su 100 mila. Anche negli ultimi tre decenni, durante il “boom” dei cellulari, i tassi sono rimasti piuttosto stabili.
Sebbene dal punto di vista scientifico la sentenza non ha aggiunto alcun elemento in più per valutare la possibile correlazione tra l'uso del cellulare e l'insorgenza dei tumori, ha riacceso l’attenzione di chi si oppone alla nuova tecnologia 5G.
5G: di cosa si tratta
Il 5G è una delle innovazioni tecnologiche più importanti degli ultimi tempi ma, come spesso accade, l’avvento di una nuova tecnologia è accompagnato anche da qualche timore legato alla sicurezza e ai potenziali rischi per la salute umana. Al centro delle preoccupazioni sono le frequenze utilizzate dal 5G e l’installazione di nuove antenne.
La quinta generazione oltre a viaggiare sulle stesse bande di trasmissione del 4G, utilizzerà anche una terza fascia a frequenza più elevata (26,5-27,5 GHz) che come tale ha scarsa capacità di penetrazione. Ciò vale sia per i tessuti biologici sia per gli edifici, la vegetazione e altri ostacoli.
Quindi, per non perdere il segnale, dovranno essere installate più antenne, ma, dovendo coprire aree di territorio più piccole (small cells), saranno di minore potenza rispetto a quelle utilizzate finora. Proprio per la loro bassa potenza di emissione, l’installazione di nuove antenne non dovrebbe comportare aumenti generalizzati delle esposizioni alle radiazioni a radiofrequenza (RFR).
Ma cosa sappiamo sugli effetti a breve e a lungo termine delle radiazioni a radiofrequenza (RFR) utilizzate dai cellulari e su un possibile ruolo nell’insorgenza di neoplasie cerebrali?
Effetti a breve termine delle radiazioni a radiofrequenza
Il principale meccanismo d’interazione tra le radiazioni a radiofrequenza e il corpo umano è il riscaldamento dei tessuti. Alle frequenze utilizzate dai telefoni cellulari, la maggior parte dell'energia viene assorbita dalla pelle e altri tessuti superficiali, con conseguente aumento di temperatura trascurabile nel cervello o altri organi del corpo.
Effetti a lungo termine delle radiazioni a radiofrequenza
Le tecnologie di telefonia mobile sono tra le più controllate e sperimentate. Negli anni sono stati condotti numerosissimi studi scientifici, sia epidemiologici che di tipo sperimentale in vivo e in vitro. Gli studi epidemiologici retrospettivi e prospettici, come lo studio comprensivo Interphone, il Danish Cohort Study e il Million Women Study non hanno finora mostrato alcun incremento del rischio di neoplasie maligne (glioma) o benigne (meningiomi, neurinomi acustici ecc.).
Per quello che riguarda gli studi sperimentali, i dati non mostrano un nesso tra l’esposizione alle radiazioni a radiofrequenza e tumori. Anche negli studi, come quello del National Toxicology Program e dell’Istituto Ramazzini, dove si ha qualche evidenza a supporto dell’ipotesi di cancerogenicità delle radiazioni a radiofrequenza, i livelli di esposizione e di durata ai quali si osservano gli effetti sono difficilmente paragonabili a un utilizzo normale del cellulare.
Radiofrequenze e tumori: le valutazioni di rischio
Nel 2011 l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC) ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza come “possibili cancerogeni” (categoria 2b). In questa categoria rientrano gli agenti per i quali vi è una limitata prova di cancerogenicità negli esseri umani e un insufficiente riscontro negli animali di laboratorio.
Come afferma anche la stessa Agenzia i campi a radiofrequenza sono classificati nel gruppo 2B proprio perché non c’è un’evidenza conclusiva che l’esposizione alle RFR possa causare il cancro negli esseri umani o negli animali.
Naturalmente la classificazione dell'AIRC è basata sul pericolo e non è una valutazione del rischio che è di competenza di altre agenzie. Quest’ultime, come l’Environmental Protection Agency (EPA) e la Food and Drug Administration (FDA), ma anche altri enti come il National Toxicology Program (NTP) e l’Istituto superiore della sanità (ISS), concordando sul fatto che sono necessarie ulteriori ricerche sui possibili effetti a lungo termine, non hanno classificato le radiazioni a radiofrequenza in alcuna categoria.
https://www.iarc.fr/wp-content/uploads/2018/07/Monographs-QA.pdf
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22016439?mod=article_inline
https://www.cancer.org/cancer/cancer-causes/radiation-exposure/cellular-phones.html
http://old.iss.it/elet/index.php?lang=1&id=114&tipo=6
https://www.nidcd.nih.gov/health/vestibular-schwannoma-acoustic-neuroma-and-neurofibromatosis#ref1