Funghi, consumo non sempre in sicurezza
Con l’arrivo dell’autunno, aumenta significativamente la raccolta e il consumo di funghi selvatici. Parallelamente, crescono i casi di intossicazione, causati sia dall’assunzione di specie commestibili che da quelle velenose. Nel caso dei funghi commestibili, le intossicazioni sono spesso dovute a una preparazione inadeguata (come cottura insufficiente o mancanza di prebollitura), al consumo eccessivo o a una conservazione non corretta. È importante inoltre considerare possibili intolleranze individuali al fungo, che rappresentano un ulteriore rischio. Nel caso delle specie velenose, invece, l’intossicazione deriva dalla somiglianza con varietà commestibili, portando a un consumo errato.
Come consumare funghi senza rischi
È possibile gustare i funghi in sicurezza seguendo alcune semplici regole. Per evitare intossicazioni, è fondamentale consumare solo funghi di cui si è assolutamente certi della commestibilità. In caso di dubbi, è consigliato far valutare il raccolto gratuitamente presso gli Ispettorati Micologici dell’ASL, un gesto prudente che permette di prevenire gravi rischi.
È bene non consumare grandi quantità di funghi in un unico pasto o in pasti troppo ravvicinati. Inoltre, è sconsigliata l’assunzione di funghi da parte di bambini piccoli e donne in gravidanza.
Ricordiamo che i funghi crudi, ad eccezione di poche specie, non devono essere consumati e che una cottura adeguata è essenziale. Per esempio, il chiodino è tossico se non viene precedentemente bollito per almeno 20 minuti prima della cottura definitiva. Tuttavia, è importante sottolineare che la cottura non neutralizza le tossine delle specie velenose come l'Amanita phalloides e il Cortinarius orellanus, poiché le tossine rimangono attive anche a temperature elevate.
Infine, è necessario sfatare alcune credenze popolari: non esistono metodi "fai da te" per determinare la commestibilità di un fungo, come l'uso di aglio, argento o prezzemolo, che non sono indicatori attendibili di tossicità. L’unico modo sicuro per riconoscere un fungo velenoso è farlo esaminare da un micologo.
Sintomi e tipologie di intossicazione da funghi
Le intossicazioni da funghi si distinguono in base al tempo che intercorre tra l’ingestione e l’insorgenza dei sintomi. Si parla di sindromi a breve latenza (sintomi entro 4-6 ore) e sindromi a lunga latenza (sintomi oltre le 6 ore). Le sindromi a lunga latenza sono le più gravi, poiché possono essere causate da funghi che danneggiano il fegato o i reni anche a distanza di giorni. Le intossicazioni a breve latenza, provocate da funghi con bassa tossicità per gli organi, di solito non mettono a rischio la vita. I sintomi più comuni includono nausea, vomito e diarrea. Le sindromi a lunga latenza, invece, derivano da funghi altamente tossici e potenzialmente letali. I sintomi iniziali possono essere simili a quelli di una gastroenterite, il che può portare a una sottovalutazione del problema, ritardando così il ricovero e le terapie necessarie.
E quindi?
È cruciale ricordare che non esiste un antidoto per neutralizzare le tossine dei funghi. Pertanto, un intervento tempestivo è fondamentale. Se, dopo aver consumato funghi non verificati, compaiono disturbi, indipendentemente dalla loro intensità o dal momento in cui si manifestano, è indispensabile recarsi immediatamente al pronto soccorso. È utile portare con sé eventuali resti di funghi, sia cotti che crudi, per facilitarne il riconoscimento.