I Tossicologia, una scienza in evoluzione: identificazione e caratterizzazione del pericolo
Nello scorso post abbiamo parlato dell’evoluzione della tossicologia percorrendo alcune tappe che hanno portato allo sviluppo delle Scienze tossicologiche come oggi le conosciamo, ossia come le scienze che studiano da un punto di vista qualitativo e quantitativo la casualità degli effetti avversi dovuti all’interazione tra un organismo e qualsiasi sostanza in grado di modificarne lo stato di benessere attraverso un’alterazione di processi biochimici e molecolari avversi.
Uno degli obiettivi principali che si pone il tossicologo è la valutazione del rischio tossicologico, che assieme alla sua gestione e comunicazione fa parte di un processo complesso chiamato analisi del rischio.
La valutazione del rischio tossicologico si articola in 4 fasi:
- Identificazione del pericolo (Che tipo di effetti avversi induce la sostanza?)
- Caratterizzazione del pericolo (A che livello di esposizione, dose, non si osserva un determinato effetto avverso?)
- Valutazione dell’esposizione umana (Qual è il livello di esposizione? Per quali vie? In quali situazioni?)
- Caratterizzazione del rischio (In base alla dose di esposizione che previsione può essere fatta in merito alla frequenza e alla severità degli effetti nella popolazione esposta?)
Questa procedura, che fornisce le basi scientifiche per l’analisi del rischio tossicologico, è codificata a livello EU (Commission Directive 93/67/EEC; Council Regulation (EEC) 793/93; TGD Technical Guidance Document on Risk Assessment, 2003; Commission Regulation (EC) No. 1488/94, sulla base di standard internazionali.
Identificazione del pericolo
Prima di parlare di identificazione di pericolo è importante chiarire la differenza tra pericolo e rischio. Il pericolo è una caratteristica intrinseca della sostanza. Il rischio è invece la probabilità di andare incontro agli effetti avversi che la sostanza può provocare in seguito ad esposizione al di sopra di una determinata dose denominata soglia.
L’identificazione del pericolo riflette l’aspetto qualitativo della valutazione identificando la potenziale tossicità intrinseca dell’agente chimico, naturale o sintetico.
L'identificazione degli effetti avversi indotti dalla sostanza in esame si basa sulla raccolta ed analisi di una varietà studi tossicologici che vanno dai modelli in silico (modelli matematici e predittivi), in vitro (colture cellulari, frazioni subcellulari, enzimi purificati), in vivo (animali da laboratorio) e dalle osservazioni sull'uomo (dati scientifici epidemiologici e clinici).
Gli studi tossicologici includono una serie di sperimentazioni tossicologiche volte a studiare il destino metabolico della sostanza in esame dall’introduzione all’escrezione da un organismo vivente (tossicocinetica) e il suo meccanismo d’azione (tossicodinamica).
Viene studiata poi la tossicità acuta della molecola, il suo potenziale di interagire con il materiale genetico cellulare (effetti genotossici) e la tossicità sulla fertilità e su lo sviluppo (teratogenesi). Infine, vengono condotti una serie di studi di cancerogenesi e/o di lungo termine che prevedono la somministrazione giornaliera della sostanza in esame per tutta la vita dell’animale da esperimento.
Tutti gli studi tossicologici sono condotti secondo protocolli concordati internazionalmente, in laboratori certificati per buona pratica di laboratorio (Good Laboratory Practice, GLP) e con sistema di sicurezza della qualità certificato.
Caratterizzazione del pericolo
La caratterizzazione del pericolo riflette l’aspetto quantitativo e comporta la quantificazione dell’effetto avverso (identificato durate la prima fase) in base ad una relazione dose-risposta.
L’effetto avverso si può manifestare dopo una singola esposizione (acuta e generalmente elevata) o dopo esposizioni prolungate con basse dosi ripetute nel tempo (non tossiche singolarmente) ma che portano ad un accumulo del tossico e/o accumulo del danno. Viene quindi determinato l'effetto critico, ovvero il primo effetto tossico osservato all'aumentare della dose o dell'esposizione.
La caratterizzazione del rischio di solito si traduce nel calcolo di dosi ammissibili per la salvaguardia della popolazione, ad esempio una dose giornaliera ammissibile (DGA) o una dose giornaliera tollerabile (TDI).
Per sostanze come additivi alimentari, residui di fitosanitari e residui di farmaci veterinari, le regole internazionali prevedono la definizione di una DGA (dose, espressa in mg/kg di peso corporeo, che può essere assunta giornalmente da un individuo adulto del peso medio di 60 kg anche per tutto l’arco della vita senza rischio apprezzabile per la salute). Invece, per tutte quelle sostanze presenti nei prodotti alimentari che non sono state aggiunte intenzionalmente (contaminanti), i valutatori del rischio definiscono una dose giornaliera tollerabile.
L’identificazione dell’effetto avverso e a quale dose si manifesta, è senza dubbio una tappa essenziale e imprescindibile nella valutazione del rischio. Ma, come vedremo nel prossimo post, decisioni prese solo sulla base del pericolo sono fuorvianti e inducono reazioni sproporzionate e inutili allarmismi nella popolazione.
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