Naturale VS chimico
Con questo post ritorniamo a parlare di chimica, in particolare della contrapposizione fuorviante con il naturale. Difatti, c’è una diffusa convinzione che qualsiasi sostanza “chimica” sia pericolosa e nociva, mentre automaticamente tutto ciò che è “naturale” sia qualcosa di salutare e privo di rischio. Ma qual è la differenza tra un composto chimico e uno naturale in termini di tossicità e pericolosità?
Naturale
Come abbiamo già accennato nello scorso post tutti i processi che sostengono la vita sono basati su reazioni chimiche e tutte le cose che utilizziamo sono composti chimici, naturali o artificiali, fatti di atomi e molecole. La scienza che studia questi atomi e molecole e le leggi che ne regolano le interazioni è proprio la chimica. Quindi quando si parla di una sostanza naturale, si parla di una sostanza chimica prodotta da un organismo vivente. Pertanto, tutti i prodotti di origine animale e vegetale sono “naturali” perché arrivano dalla natura. La stessa enciclopedia Treccani definisce naturale «Della natura, che riguarda la natura o si riferisce alla natura, nel suo significato più ampio e comprensivo».
Sono naturali anche le circa mille piante che contengono sostanze potenzialmente tossiche. Si spazia da alcune specie vegetali di uso comune per l’alimentazione come le patate, l’albicocca, il prezzemolo a piante velenose come la cicuta, la belladonna, il mughetto o l’oleandro.
È chiaro che la pericolosità di una sostanza chimica non dipende assolutamente dal procedimento utilizzato per sintetizzarla. Sono le sue caratteristiche intrinseche a decretarne la pericolosità, naturalmente assieme alla dose.
Come nasce quindi l’accezione negativa della parola chimica?
Quali sono le origini della chemofobia?
Dalla chimica alla chemofobia
Sebbene la chimica abbia portato enormi benefici all’umanità, negli ultimi decenni ha assunto una connotazione negativa, spesso penalizzata da una comunicazione mediatica non positiva. Di fatti sui mass-media la chimica fa notizia principalmente in relazione all’inquinamento, ai disastri ecologici oppure nella pubblicità dei prodotti “chemical free”. Ne consegue che spesso la parola chimica genera un pregiudizio irrazionale, un’avversione appresa che si associa a preconcetti errati che non hanno alcun fondamento né scientifico né tanto meno tossicologico.
La chemofobia in parte trova sostegno in singoli eventi storicamente rilevanti, come alcuni disastri ambientali che hanno coinvolto le industrie chimiche (Bhopal, Seveso). Dall’altra parte, come evidenziato da uno studio pubblicato su Nature Chemistry, si fonda su bias cognitivi e istinti irrazionali. Dai risultati della ricerca è emerso che la paura della chimica deriva da grandi lacune nella conoscenza delle implicazioni della chimica nel mondo reale e nella vita quotidiana, oltre che da una bassa conoscenza dei consumatori sui principi della valutazione della sicurezza e la correlazione di tali conoscenze, nonché della fiducia negli enti regolatori.
È così che la parola “chimica” si trova oggi, ingiustamente, a dover sostenere una illogica contrapposizione con “naturale”. Ecco allora che diventa fondamentale un approccio informativo, non solo attraverso l’insegnamento e l’educazione per i giovani ma anche mediante
la divulgazione e la comunicazione del rischio tossicologico per il grande pubblico. Avendo chiari concetti di tossicologia di base, come il concetto del pericolo, del rischio e della dose si può comprendere come la pericolosità di una sostanza chimica non dipende assolutamente dal procedimento utilizzato per sintetizzarla ma solo dalla qualità, quindi dalle sue caratteristiche intrinseche e dalla quantità, la dose. Una nozione quest’ultima spesso sottovalutata, e alla base di numerose fake news, ma elemento determinante nel manifestarsi dell’effetto tossico.
Bibliografia: