4 febbraio 2019
#Glifosato, quelle ambientaliste sono bufale o cautele?
Ecco cosa dice la scienza.
Da anni si discute sulla tossicità dell’erbicida glifosato, nel mirino di numerosi movimenti ambientalisti e da loro additato come cancerogeno che fa guadagnare, sulla pelle dei consumatori, le crudeli multinazionali guidate esclusivamente dal profitto. Da che parte sta la verità?
Il glifosato è un #erbicida introdotto in agricoltura negli anni Settanta dalla multinazionale Monsanto. Per la sua bassa tossicità rispetto agli erbicidi usati all'epoca è stato da subito molto usato anche in aree urbane (strada, parchi, sedi ferroviarie), in boschi e in frutteti.
Il glifosato viene assorbito dalle foglie per poi distribuirsi in tutta la pianta arrivando fino alle radici seccandola dopo alcuni giorni. È attualmente l'erbicida più usato al mondo anche per la caratteristica di rimanere negli strati superficiali del terreno e di essere degradato con relativa facilità dai batteri del suolo.
Tutti i #fitofarmaci, così come anche il glifosato, sono studiati prima e dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio. Vi è una valutazione preventiva che deve escludere, nelle normali condizioni d’uso, il rischio di effetti avversi sull’uomo e sull’ambiente.
Devono, inoltre, essere condotti studi sperimentali di tossicità acuta, di tossicità in seguito a somministrazione ripetuta (fino a due anni) e di cancerogenesi, di tossicità riproduttiva, di tossicità dello sviluppo e di genotossicità in vitro e in vivo.
L’autorizzazione all’immissione in commercio di tutti i fitofarmaci viene rinnovata periodicamente sulla base delle evidenze scientifiche correnti. L’autorizzazione del glifosato, concessa nel 2002, è stata ridiscussa nel 2015 e le informazioni scientifiche raccolte in quel periodo hanno indotto a classificare il glifosato da parte di alcune organizzazioni.
A marzo del 2015, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (#IARC) ha classificato il glifosato come probabile cancerogeno (Gruppo 2A). Al contrario per l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (#EFSA) è improbabile che esso costituisca un pericolo di cancerogenicità per l'uomo.
A maggio 2016 e a marzo 2017 altre due agenzie internazionali (il comitato congiunto FAO/OMS (JMPR), e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, l’ECHA) si sono espresse per la non cancerogenicità del glifosato concludendo che è improbabile che esso comporti un rischio di cancro per l'uomo come conseguenza dell'esposizione ai suoi residui attraverso l'alimentazione.
I giudizi contrastanti sul potenziale cancerogeno del glifosato hanno suscitato un gran clamore mediatico. Le due agenzie, IARC e EFSA, non solo operano con procedure (rigorose e stringenti) diverse, ma svolgono anche ruoli e compiti diversi. La prima si occupa di valutazione del pericolo (classificazione), e la seconda valuta il rischio (definizione dei limiti).
L’approccio IARC, solamente classificatorio, trascura la potenza cancerogena, infatti nello stesso gruppo, 2A, con il glifosato troviamo la carne rossa, emissioni dalle fritture, steroidi e l’esposizione professionale dei parrucchieri alle tinture.
La pericolosità di una sostanza è intrinseca ed è una caratteristica astratta e adimensionale, mentre il rischio dipende dalle condizioni di utilizzo/esposizione ed è una stima quantitativa della probabilità che un evento avverso possa accadere.
Solo la valutazione quantitativa del rischio è quindi uno strumento utile a prendere decisioni informate e adeguate misure per la gestione delle sostanze chimiche. In una fase di screening l’identificazione del pericolo può essere utile, ma per sostanze molto studiate, come il glifosato, si tratta di un’operazione inutile, se non dannosa in quanto decisioni prese solo sulla base del pericolo sono fuorvianti e inducono reazioni sproporzionate e inutili allarmismi nella popolazione.
Continua a leggere: https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/151112
Ecco cosa dice la scienza.
Da anni si discute sulla tossicità dell’erbicida glifosato, nel mirino di numerosi movimenti ambientalisti e da loro additato come cancerogeno che fa guadagnare, sulla pelle dei consumatori, le crudeli multinazionali guidate esclusivamente dal profitto. Da che parte sta la verità?
Il glifosato è un #erbicida introdotto in agricoltura negli anni Settanta dalla multinazionale Monsanto. Per la sua bassa tossicità rispetto agli erbicidi usati all'epoca è stato da subito molto usato anche in aree urbane (strada, parchi, sedi ferroviarie), in boschi e in frutteti.
Il glifosato viene assorbito dalle foglie per poi distribuirsi in tutta la pianta arrivando fino alle radici seccandola dopo alcuni giorni. È attualmente l'erbicida più usato al mondo anche per la caratteristica di rimanere negli strati superficiali del terreno e di essere degradato con relativa facilità dai batteri del suolo.
Tutti i #fitofarmaci, così come anche il glifosato, sono studiati prima e dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio. Vi è una valutazione preventiva che deve escludere, nelle normali condizioni d’uso, il rischio di effetti avversi sull’uomo e sull’ambiente.
Devono, inoltre, essere condotti studi sperimentali di tossicità acuta, di tossicità in seguito a somministrazione ripetuta (fino a due anni) e di cancerogenesi, di tossicità riproduttiva, di tossicità dello sviluppo e di genotossicità in vitro e in vivo.
L’autorizzazione all’immissione in commercio di tutti i fitofarmaci viene rinnovata periodicamente sulla base delle evidenze scientifiche correnti. L’autorizzazione del glifosato, concessa nel 2002, è stata ridiscussa nel 2015 e le informazioni scientifiche raccolte in quel periodo hanno indotto a classificare il glifosato da parte di alcune organizzazioni.
A marzo del 2015, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (#IARC) ha classificato il glifosato come probabile cancerogeno (Gruppo 2A). Al contrario per l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (#EFSA) è improbabile che esso costituisca un pericolo di cancerogenicità per l'uomo.
A maggio 2016 e a marzo 2017 altre due agenzie internazionali (il comitato congiunto FAO/OMS (JMPR), e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, l’ECHA) si sono espresse per la non cancerogenicità del glifosato concludendo che è improbabile che esso comporti un rischio di cancro per l'uomo come conseguenza dell'esposizione ai suoi residui attraverso l'alimentazione.
I giudizi contrastanti sul potenziale cancerogeno del glifosato hanno suscitato un gran clamore mediatico. Le due agenzie, IARC e EFSA, non solo operano con procedure (rigorose e stringenti) diverse, ma svolgono anche ruoli e compiti diversi. La prima si occupa di valutazione del pericolo (classificazione), e la seconda valuta il rischio (definizione dei limiti).
L’approccio IARC, solamente classificatorio, trascura la potenza cancerogena, infatti nello stesso gruppo, 2A, con il glifosato troviamo la carne rossa, emissioni dalle fritture, steroidi e l’esposizione professionale dei parrucchieri alle tinture.
La pericolosità di una sostanza è intrinseca ed è una caratteristica astratta e adimensionale, mentre il rischio dipende dalle condizioni di utilizzo/esposizione ed è una stima quantitativa della probabilità che un evento avverso possa accadere.
Solo la valutazione quantitativa del rischio è quindi uno strumento utile a prendere decisioni informate e adeguate misure per la gestione delle sostanze chimiche. In una fase di screening l’identificazione del pericolo può essere utile, ma per sostanze molto studiate, come il glifosato, si tratta di un’operazione inutile, se non dannosa in quanto decisioni prese solo sulla base del pericolo sono fuorvianti e inducono reazioni sproporzionate e inutili allarmismi nella popolazione.
Continua a leggere: https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/151112