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18 gennaio 2019
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#Aflatossine: l’attenzione resta elevata

Le aflatossine sono #micotossine comuni in natura e sono prodotte da due specie di Aspergillus (A.flavus e A.parasiticus), un fungo che si trova soprattutto in zone caratterizzate da clima caldo e umido. Queste micotossine possono svilupparsi sia in fase di coltivazione, se le piante subiscono stress dovuti all’umidità, che nelle fasi di raccolta e immagazzinamento quando le coltivazioni vengono contaminate con le specie fungine dagli uccelli che le trasportano.

I #cereali sono certamente i vegetali più colpiti dalle muffe e dalle tossine da esse prodotte, e il mais è in assoluto tra le coltivazioni maggiormente soggette alla contaminazione. Inoltre, si possono sviluppare anche in altre derrate alimentari, come quelle proteico-lipidiche come semi oleosi e frutta a guscio.

Le aflatossine, pur essendo sostanze naturali, sono molto stabili alla degradazione ambientale, e sono delle potentissime #epatotossine dotate di attività mutagena, teratogena e cancerogena (classificate come Gruppo I dalla IARC) e proprio per questo motivo l'esposizione del consumatore tramite gli alimenti deve essere mantenuta al di sotto delle concentrazioni dettate dai regolamenti europei e dall’#EFSA a livelli molto più bassi di qualsiasi molecola ad attività fungicida, uniche sostanze capaci di eliminarle prevenendone la formazione. Esse sono assorbite nel tratto gastrointestinale dove vengono attivate metabolicamente o detossificate nella mucosa intestinale e nel fegato. La biotrasformazione della aflatossina B1 (AFB1) varia molto da specie a specie ed è largamente influenzata da fattori endogeni ed esogeni. Negli animali da allevamento l’aflatossina B1 viene trasformata in aflatossina M1 escreta nel latte degli animali e che presenta una attività tossica minore della aflatossina B1.

L’attenzione sulle aflatossine va tenuta alta non solo per motivi sanitari ma anche per quelli economici, in quanto, in caso di contaminazione interi raccolti devono essere distrutti. Infatti, nell’Unione europea, il regolamento 1881 del 2006 stabilisce le concentrazioni massime di aflatossine negli alimenti, mentre la direttiva 2002/32/CE fissa il tetto per l’aflatossina B1 nei mangimi per gli animali da allevamento.

Grazie ai limiti molto rigidi e i regolari controlli a campione presso coltivatori, allevatori e industrie alimentari, lo scenario attuale in Europa e negli Stati Uniti è rassicurante. Inoltre, anche se scontato, è buona norma ricordare che le confezioni vanno sempre tenute lontano dall’umidità e dalla luce ed è fondamentale rispettare le modalità e i tempi di conservazione degli alimenti indicate sulle confezioni.

https://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/aflatoxins-food
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