3 marzo 2016
OGM, scienza o fede?
La gestione del rischio: una chimera se non fatta scientificamente
Ancora recentemente sul Corriere della Sera è stato fatto cenno in uno spazio editoriale al problema del tanto vituperato dalle associazioni ambientali erbicida Glifosate, in merito al suo uso nelle coltivazioni, per esempio di soia, modificate geneticamente per diventare resistenti al temuto erbicida, che però ha avuto la liberatoria da agenzie internazionali di nota trasparenza ed elevata scientificità.
Si dice che tale soia venga impiegata come mangime per animali che così, “secondo alcuni”, potrebbero rischiare di essere contaminati da elementi cosiddetti pericolosi come gli OGM. Tuttavia mangimi Ogm sono molto utilizzati anche in Italia. È l’Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici (Assalzoo) a riferire che in Italia vengono prodotte ogni anno oltre 14 milioni di tonnellate di mangimi composti da diversi cereali. L’87% è rappresentato da miscele ottenute con materia prima OGM importata dall’estero. Seguono i mangimi convenzionali (12,5%%) e quelli biologici (0,5%). Quasi tutto il latte, yogurt, formaggi, salumi, prosciutti e carni, anche di produzioni Dop ed Igp italiane, derivano da animali nutriti con Ogm (nel 2013, oltre alla soia, anche un terzo del mais mondiale era Ogm). Da ciò si deduce che tutti ci nutriamo giornalmente con cibo che deriva da animali da allevamento che sono alimentati con mangimi OGM e che, come ampiamente dimostrato, non hanno subito alcun effetto sulla salute e sulla produttività dall’inizio dell’uso dei mangimi OGM e cioè dagli anni 1990. Non è stato osservato alcun effetto avverso a livello epidemiologico anche per le delle popolazioni che utilizzano giornalmente alimenti OGM ormai da decine di anni (per esempio USA, Australia, Africa, Brasile, Argentina). Ciò non deve stupire perché tutti gli organismi del regno vegetale ed animale contengono materiale genico ed un gene presente in un particolare organismo non rappresenta necessariamente un fattore di unicità. L’uomo infatti condivide il 30% di geni con il pomodoro, il 50% dei geni con la banana, il 90% dei geni con il gatto ed il 60% di geni con il moscerino della frutta. Nel 2012, l'American Association for the Advancement of Science ha ribadito che gli OGM non comportano maggiori rischi rispetto ai cibi modificati attraverso le normali tecniche di incrocio. La American Medical Association, la National Academies of Sciences e la Royal Society of Medicine hanno poi sottolineato che non si riscontra in letteratura scientifica o in altra fonte alcuna notizia di effetti avversi sulla popolazione umana che possano essere collegati agli OGM. Anche la Società Italiana di Tossicologia (SITOX) insieme ad altre 19 Società scientifiche italiane ha espresso un parere del tutto rassicurante sull’uso degli OGM.
La gestione del rischio: una chimera se non fatta scientificamente
Ancora recentemente sul Corriere della Sera è stato fatto cenno in uno spazio editoriale al problema del tanto vituperato dalle associazioni ambientali erbicida Glifosate, in merito al suo uso nelle coltivazioni, per esempio di soia, modificate geneticamente per diventare resistenti al temuto erbicida, che però ha avuto la liberatoria da agenzie internazionali di nota trasparenza ed elevata scientificità.
Si dice che tale soia venga impiegata come mangime per animali che così, “secondo alcuni”, potrebbero rischiare di essere contaminati da elementi cosiddetti pericolosi come gli OGM. Tuttavia mangimi Ogm sono molto utilizzati anche in Italia. È l’Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici (Assalzoo) a riferire che in Italia vengono prodotte ogni anno oltre 14 milioni di tonnellate di mangimi composti da diversi cereali. L’87% è rappresentato da miscele ottenute con materia prima OGM importata dall’estero. Seguono i mangimi convenzionali (12,5%%) e quelli biologici (0,5%). Quasi tutto il latte, yogurt, formaggi, salumi, prosciutti e carni, anche di produzioni Dop ed Igp italiane, derivano da animali nutriti con Ogm (nel 2013, oltre alla soia, anche un terzo del mais mondiale era Ogm). Da ciò si deduce che tutti ci nutriamo giornalmente con cibo che deriva da animali da allevamento che sono alimentati con mangimi OGM e che, come ampiamente dimostrato, non hanno subito alcun effetto sulla salute e sulla produttività dall’inizio dell’uso dei mangimi OGM e cioè dagli anni 1990. Non è stato osservato alcun effetto avverso a livello epidemiologico anche per le delle popolazioni che utilizzano giornalmente alimenti OGM ormai da decine di anni (per esempio USA, Australia, Africa, Brasile, Argentina). Ciò non deve stupire perché tutti gli organismi del regno vegetale ed animale contengono materiale genico ed un gene presente in un particolare organismo non rappresenta necessariamente un fattore di unicità. L’uomo infatti condivide il 30% di geni con il pomodoro, il 50% dei geni con la banana, il 90% dei geni con il gatto ed il 60% di geni con il moscerino della frutta. Nel 2012, l'American Association for the Advancement of Science ha ribadito che gli OGM non comportano maggiori rischi rispetto ai cibi modificati attraverso le normali tecniche di incrocio. La American Medical Association, la National Academies of Sciences e la Royal Society of Medicine hanno poi sottolineato che non si riscontra in letteratura scientifica o in altra fonte alcuna notizia di effetti avversi sulla popolazione umana che possano essere collegati agli OGM. Anche la Società Italiana di Tossicologia (SITOX) insieme ad altre 19 Società scientifiche italiane ha espresso un parere del tutto rassicurante sull’uso degli OGM.