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20 luglio 2018
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AIFA: si prescrivono troppi antibiotici quando non serve. Male per l'uomo e per l'ambiente.

Parliamo dei #farmaci, ebbene sì, proprio loro, soggetti indiscussi del nostro studio e della nostra ricerca. Ne parliamo perché i farmaci possono davvero cambiare la nostra #vita, curare fino a salvarci. Eppure, se non siamo in grado di utilizzarli nel modo più appropriato, sono altrettanto efficienti nel distruggere.
Il rapporto dell’European center for disease prevention and control (ECDC) mostra che il nostro Paese è quinto in Europa per il consumo di antibiotici. Il dato che ci deve far riflettere è che questo posto in classifica derivi da somministrazioni come conseguenza di prescrizioni mediche sbagliate e purtroppo, sempre più spesso, per auto-prescrizione da parte dei pazienti
Finisce così che troppo spesso il #raffreddore – causato da #virus – venga curato con gli #antibiotici, che come ben sappiamo combattono soltanto le infezioni causate dai batteri. Questa volta a dircelo è #AIFA (AIFA Agenzia Italiana del Farmaco - pagina ufficiale) confermando che a ben il 37% degli italiani contagiati da infezioni virali delle vie respiratorie siano stati prescritti antibiotici.
Un problema non da poco, se pensiamo allo sviluppo di resistenze che l’uso eccessivo e scorretto di antibiotici può causare. E il problema si accentua se consideriamo il fatto che il principio attivo del farmaco può venire eliminato in forma ancora attiva, andando a finire nell’ambiente e causando l’insorgenza di ulteriore resistenza batterica.
I farmaci, insieme agli ormoni, fanno parte dei cosiddetti contaminanti emergenti (ECs), una classe che è in continuo aumento nel compartimento acquatico mondiale suscitando non poche preoccupazioni, soprattutto legate ai potenziali rischi per la salute umana e per l’ambiente (Glassmeyer et al., 2017).
I depuratori contribuiscono a ripulire gli scarichi fognari prima del rilascio di acque reflue nell’ambiente, ma farmaci, droghe e altri prodotti chimici per la cura della persona possono permanere nelle acque trattate finendo quindi per essere riversati in canali e fiumi con chiare ripercussioni sugli ecosistemi. Queste vie d’acqua possono, a loro volta, impattare sulla falda profonda da cui viene attinta l’acqua potabile. È chiaro come gli ECs possano quindi diventare un problema significativo non solo per la flora e la fauna dei corsi d’acqua ma anche direttamente per l’uomo, pur trattandosi, per quest’ultimo, di esposizioni a basse dosi.
Il mondo scientifico, in particolare chi si occupa di #tossicologia, indubbiamente dovrà compiere ulteriori indagini per produrre dati consistenti che portino a una robusta valutazione del rischio, ma inizia a diventare evidente come non bastino gli sforzi della sola comunità scientifica e come si possa, dal singolo cittadino, in questo caso paziente, poter iniziare a fare la differenza.
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